Avelino Sala. Distopia: Right now

Avelino Sala (Gijon, 1972, vive e lavora tra Madrid e Barcellona) è un artista sovversivo, di quelli che ti scuotono da dentro senza perder di vista che l’arte oggi ha il dovere di critica sociale ma resta pur sempre – per poter esser definita tale – un linguaggio poetico.

Il suo lavoro si afferma fin dal percorso di studi a Londra in Storia della Critica Contemporanea, che è prettamente teorico e lo porta a fondare la rivista d’arte e cultura contemporanea “Sublime arte + cultura contemporanea” ed il gruppo di lavoro curatoriale “Commission”. L’attività artistica corre parallelamente alle lezioni universitarie e si esprime attraverso i linguaggi del video e dell’acquerello, mezzi espressivi con i quali Avelino Sala accoglie quello che per lui è il ruolo dell’artista nella società contemporanea: una missione poetica, appunto, che realizza nel suo studio di Barcellona o nelle sedi in cui è ospitato come borsista a progetto.

La creazione artistica anche nel caso di Avelino Sala è una monade: è perfetta e completa eppure partecipa del tutto. Ogni opera nasce dall’altra, basti pensare ai lavori degli ultimi anni, come Culture, 2008, il video qua in mostra dove la parola “cultura” ridotta a brandelli di carne trita viene masticata avidamente da cani affamati. Non dimentichiamo le origini di questo artista spagnolo nato pochi anni prima del crollo del regime totalitario franchista (1975). Avelino Sala ha svolto uno sforzo di mappatura e poi di cancellazione dei simboli di potere monumentali in opere come in El enemigo está dentro, disparad sobre nosotros (derrocar el poder) del 2008-’09, performance dove quattro ragazzi cercano di tirar giù con delle funi un’aquila franchista.
Mappatura dei simboli di potere – soprattutto aquile – e lotta antimonumentale si spostano da Madrid a Praga (Serie A del 2008-’09) e quindi a Roma (aquile fasciste) durante la residenza dell’artista come borsista presso la Real Accademia di Spagna nel 2010.
Se il lavoro di Avelino Sala parte dalla distruzione di un passato nazionale pesante e dalla voglia di rinascita dal basso e giovane, diffusa nella Spagna degli anni ’80-2000, le contingenze economiche e politiche recenti portano l’artista a riflettere sull’urgenza di problemi mondiali estremamente contingenti.
Il crollo del sistema capitalista, la crisi economica e culturale, il declino del mondo occidentale accomunano la società odierna a quella della Roma tardo-imperiale in cui sfarzi e sprechi, sontuosità e opulenza erano accompagnate da leggerezza morale e culturale che preludevano il tramonto della civiltà romana.
Avelino Sala propone una lotta culturale contro la nostra decadenza: come in una sua opera recente composta proprio da una barricata di libri (Concedo Nulli, 2012).

Dopo queste premesse apparirà chiaro il motivo della nostra scelta nella ricerca di un artista che potesse rileggere il Movimento Anarchico Carrarese da un altro punto di vista, attualizzandolo e confrontandolo con il panorama contemporaneo.

Legato alla produzione di cui sopra abbiamo fatto cenno e ad una forte componente critica nei confronti della società contemporanea, il lavoro di Avelino Sala esposto in AVELINO SALA. DISTOPIA: RIGHT NOW si dipana all’interno della collezione del Museo del Marmo dialogando e convivendo con esso. L’obiettivo di DATABASE, lo ricordiamo, è infatti quello di portare l’arte contemporanea a rileggere il patrimonio storico artistico di Carrara.

Siamo partiti dalle opere di Mario Sasso realizzate in occasione della XIV Biennale di Scultura di Carrara; donati alla città i lavori sono entrati nella collezione del Museo.
Il “pittore digitale” italiano – i ritratti di Mario Sasso sono stati definiti da Marco Maria Gazzano “pitture con pennello digitale”- omaggia il popolo carrarese attraverso un’operazione artistica che ne immortala i gesti e la fisiognomica e li rende emblemi della nostra cultura lapidea. A questo lavoro si contrappone quello di Avelino Sala: in Mario Sasso (Barattini e Ritratto di gruppo) ogni personaggio è un soggetto individuale fortemente connotato, mentre gli uomini di Avelino Sala Distopia: Right now, sono anonime presenze colte di spalle.

Nel lavoro di Sasso è assente il riferimento al Movimento Anarchico di Carrara (città in cui, ricordiamo, è sepolto anche Pinelli), ma sappiamo bene che il passo è implicito e sottinteso: sono stati i cavatori a dar vita a questo movimento che da un lato manifestava l’urgenza di trovare condizioni di lavoro più accettabili e dall’altro si concretizzava in una significativa resistenza antifascista.

L’assenza di identità nei due personaggi ritratti da Avelino Sala sottolinea, in contrapposizione con la forte connotazione dei soggetti speculari di Sasso, il movimento delle masse di manifestanti e rivoluzionari contemporanei. Senza volto, spesso mascherati, una spaventevole massa omogenea e anonima che può evadere l’incombente sistema di controllo e sorveglianza nel quale siamo ormai ridotti a condurre le nostre esistenze (Camuflage). Le telecamere qua esposte sono realizzate in marmo e rappresentano il paradosso: sono i simboli della nostra epoca, sono i nostri monumenti.

La primavera araba, le sommosse in Medio Oriente fino agli indigñados spagnoli e italiani, tutti fenomeni sovversivi di natura ed esito differente, sono accomunati dall’anonimato del singolo che non è indice solo di evasione al controllo, ma anche della necessità di raggiungere democraticamente un compromesso sostenibile di natura politica ed economica.

Un’utopia anarchica?

Distopia, questo il titolo della mostra, si contrappone all’utopia, concetto che in quanto tale si colloca in un luogo inesistente, non fisico, ma mentale. Distopia è invece l’esatto contrario, un’utopia negativa collocata in una dimensione catastrofica premonita a partire dall’analisi della realtà.

Il video Cacotopía in mostra preannuncia un rischio e ammonisce: dall’utopia anarchica si rischia di passare al declino totale, allo sfacelo e alla morte. L’uomo ha bisogno invece di costruire il mondo secondo un ideale (anche utopico) che lo renda più buono, che gli permetta di sperare. Non è rispondendo alla rivoluzione con la repressione ed il controllo che si ottengono risultati. Forse dobbiamo riappropriarci delle nostre identità, instaurare un dialogo inter pares.

Federica Forti

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