Show

Il teschio vivente

Teschio ViventeLe “Installazioni Multimediali” oggi assumono spesso le identità di strumenti audiovisuali, di spazi interattivi, di sculture “vive” e vivificate dall’interazione con il pubblico. Opere o operazioni che tramite l’utilizzo delle tecnologie elettriche ed elettroniche disponibili, di software e hardware open source o proprietario, della produzione e manipolazione di oggetti, suoni e immagini, e di forme e funzioni specifiche, sono in grado di costruire senso e comunicare discorsi leggibili a più livelli: ludico, interattivo, narrativo, artistico, iconico, letterario, simbolico, psicologico, didattico, sociale, ecc.

Nel corso di Installazioni Multimediali ho sempre richiesto agli studenti partecipanti la realizzazione di una installazione di fine corso che potesse essere presentata in una esposizione pubblica aperta al mondo dell’arte e al resto del mondo. Vorrei specificare che la doppia valenza artistica e non-artistica si riferisce al significato ampio che viene quindi assegnato all’espressione “Installazione Multimediale” stessa.

Punti fermi della ricerca in tale direzione sono il riconoscimento dell’odierno mescolamento di Low tech e Hi tech, la necessità di una consapevolezza critica orientata alla riduzione dello spreco e del danno ecologico, l’invenzione e il meta-riciclaggio della produzione tecnologica, l’utilizzo delle energie rinnovabili, della sensoristica autoprodotta, fino alla reinvenzione stessa degli strumenti e dei beni materiali della produzione commerciale di massa.

Tutti questi temi sono toccati anche nei progetti presentati per una Installazione Multimediale da realizzare al Museo del Marmo, e nella propria unicità ogni progetto ha dovuto tener conto dei vincoli fisici e spaziali, economici, tecnici e logistici impliciti nella location del progetto stesso oltre che dei requisiti di partenza: una riflessione coinvolgente sull’arte scultorea, di cui il marmo rappresenta il materiale pregiato per eccellenza, da realizzarsi con una installazione interattiva.

Il progetto infine prescelto e realizzato è un teschio di grandi dimensioni che con lo sguardo segue il pubblico che entra al museo.

Il teschio dei pirati, il teschio diamantato di Damien Hirst, il teschio come simbolo di morte, il teschio della maschera veneziana, il teschio danzante messicano e tibetano, il teschio della paura e dell’orrore, il teschio sulle t-shirt degli adolescenti, il teschio tatuato, il teschio memento, il teschio di amleto e il teschio interattivo… L’immaginario si riempie della figura del teschio (come di quelle del cuore, dello zombie o del robot), la rende “simpatica”, la decostruisce, la analizza, la diffonde come amuleto, come segnale, come simbolo di superiorità sulle ingiustizie e sulle piccolezze della vita terrena, sui dolori e sulla follia stessa della vita, come specchio del vivere contemporaneo.

Il teschio vivente rimanda a tutto ciò e ci guarda impietosamente, freddamente, e nello stesso tempo gioca con noi a impersonare un “piccolo grande fratello” che non ci fa neanche più paura, anzi, ci blandisce permettendo di metterci nel suo punto di vista.

Massimo Cittadini, giugno 2012

Posted in Show |

Avelino Sala. Distopia: Right now

Avelino Sala (Gijon, 1972, vive e lavora tra Madrid e Barcellona) è un artista sovversivo, di quelli che ti scuotono da dentro senza perder di vista che l’arte oggi ha il dovere di critica sociale ma resta pur sempre – per poter esser definita tale – un linguaggio poetico.

Il suo lavoro si afferma fin dal percorso di studi a Londra in Storia della Critica Contemporanea, che è prettamente teorico e lo porta a fondare la rivista d’arte e cultura contemporanea “Sublime arte + cultura contemporanea” ed il gruppo di lavoro curatoriale “Commission”. L’attività artistica corre parallelamente alle lezioni universitarie e si esprime attraverso i linguaggi del video e dell’acquerello, mezzi espressivi con i quali Avelino Sala accoglie quello che per lui è il ruolo dell’artista nella società contemporanea: una missione poetica, appunto, che realizza nel suo studio di Barcellona o nelle sedi in cui è ospitato come borsista a progetto.

La creazione artistica anche nel caso di Avelino Sala è una monade: è perfetta e completa eppure partecipa del tutto. Ogni opera nasce dall’altra, basti pensare ai lavori degli ultimi anni, come Culture, 2008, il video qua in mostra dove la parola “cultura” ridotta a brandelli di carne trita viene masticata avidamente da cani affamati. Non dimentichiamo le origini di questo artista spagnolo nato pochi anni prima del crollo del regime totalitario franchista (1975). Avelino Sala ha svolto uno sforzo di mappatura e poi di cancellazione dei simboli di potere monumentali in opere come in El enemigo está dentro, disparad sobre nosotros (derrocar el poder) del 2008-’09, performance dove quattro ragazzi cercano di tirar giù con delle funi un’aquila franchista.
Mappatura dei simboli di potere – soprattutto aquile – e lotta antimonumentale si spostano da Madrid a Praga (Serie A del 2008-’09) e quindi a Roma (aquile fasciste) durante la residenza dell’artista come borsista presso la Real Accademia di Spagna nel 2010.
Se il lavoro di Avelino Sala parte dalla distruzione di un passato nazionale pesante e dalla voglia di rinascita dal basso e giovane, diffusa nella Spagna degli anni ’80-2000, le contingenze economiche e politiche recenti portano l’artista a riflettere sull’urgenza di problemi mondiali estremamente contingenti.
Il crollo del sistema capitalista, la crisi economica e culturale, il declino del mondo occidentale accomunano la società odierna a quella della Roma tardo-imperiale in cui sfarzi e sprechi, sontuosità e opulenza erano accompagnate da leggerezza morale e culturale che preludevano il tramonto della civiltà romana.
Avelino Sala propone una lotta culturale contro la nostra decadenza: come in una sua opera recente composta proprio da una barricata di libri (Concedo Nulli, 2012).

Dopo queste premesse apparirà chiaro il motivo della nostra scelta nella ricerca di un artista che potesse rileggere il Movimento Anarchico Carrarese da un altro punto di vista, attualizzandolo e confrontandolo con il panorama contemporaneo.

Legato alla produzione di cui sopra abbiamo fatto cenno e ad una forte componente critica nei confronti della società contemporanea, il lavoro di Avelino Sala esposto in AVELINO SALA. DISTOPIA: RIGHT NOW si dipana all’interno della collezione del Museo del Marmo dialogando e convivendo con esso. L’obiettivo di DATABASE, lo ricordiamo, è infatti quello di portare l’arte contemporanea a rileggere il patrimonio storico artistico di Carrara.

Siamo partiti dalle opere di Mario Sasso realizzate in occasione della XIV Biennale di Scultura di Carrara; donati alla città i lavori sono entrati nella collezione del Museo.
Il “pittore digitale” italiano – i ritratti di Mario Sasso sono stati definiti da Marco Maria Gazzano “pitture con pennello digitale”- omaggia il popolo carrarese attraverso un’operazione artistica che ne immortala i gesti e la fisiognomica e li rende emblemi della nostra cultura lapidea. A questo lavoro si contrappone quello di Avelino Sala: in Mario Sasso (Barattini e Ritratto di gruppo) ogni personaggio è un soggetto individuale fortemente connotato, mentre gli uomini di Avelino Sala Distopia: Right now, sono anonime presenze colte di spalle.

Nel lavoro di Sasso è assente il riferimento al Movimento Anarchico di Carrara (città in cui, ricordiamo, è sepolto anche Pinelli), ma sappiamo bene che il passo è implicito e sottinteso: sono stati i cavatori a dar vita a questo movimento che da un lato manifestava l’urgenza di trovare condizioni di lavoro più accettabili e dall’altro si concretizzava in una significativa resistenza antifascista.

L’assenza di identità nei due personaggi ritratti da Avelino Sala sottolinea, in contrapposizione con la forte connotazione dei soggetti speculari di Sasso, il movimento delle masse di manifestanti e rivoluzionari contemporanei. Senza volto, spesso mascherati, una spaventevole massa omogenea e anonima che può evadere l’incombente sistema di controllo e sorveglianza nel quale siamo ormai ridotti a condurre le nostre esistenze (Camuflage). Le telecamere qua esposte sono realizzate in marmo e rappresentano il paradosso: sono i simboli della nostra epoca, sono i nostri monumenti.

La primavera araba, le sommosse in Medio Oriente fino agli indigñados spagnoli e italiani, tutti fenomeni sovversivi di natura ed esito differente, sono accomunati dall’anonimato del singolo che non è indice solo di evasione al controllo, ma anche della necessità di raggiungere democraticamente un compromesso sostenibile di natura politica ed economica.

Un’utopia anarchica?

Distopia, questo il titolo della mostra, si contrappone all’utopia, concetto che in quanto tale si colloca in un luogo inesistente, non fisico, ma mentale. Distopia è invece l’esatto contrario, un’utopia negativa collocata in una dimensione catastrofica premonita a partire dall’analisi della realtà.

Il video Cacotopía in mostra preannuncia un rischio e ammonisce: dall’utopia anarchica si rischia di passare al declino totale, allo sfacelo e alla morte. L’uomo ha bisogno invece di costruire il mondo secondo un ideale (anche utopico) che lo renda più buono, che gli permetta di sperare. Non è rispondendo alla rivoluzione con la repressione ed il controllo che si ottengono risultati. Forse dobbiamo riappropriarci delle nostre identità, instaurare un dialogo inter pares.

Federica Forti

Posted in Show |

Piccola genesi di una mostra

Da diversi anni il corso di video installazioni dell’Accademia di Belle Arti di Carrara termina con l’elaborazione di progetti da parte degli studenti. Ogni anno, dopo avere studiato le opere dei principali artisti operanti in questo campo, chiedo agli studenti di scegliere un tema comune, di fare una ricerca sull’argomento e infine di elaborare un proprio progetto.

Avendo partecipato all’inaugurazione della video installazione di Mario Sasso al Museo del Marmo di Carrara nell’estate del 2011, e avendo scoperto l’interesse anche per questa forma d’arte da parte della curatrice Federica Forti, ho pensato di proporre per l’anno accademico 2011/2012 una collaborazione tra il corso di video installazioni e il museo. Lo scopo era quello di offrire agli studenti la possibilità di confrontarsi direttamente con un evento espositivo fuori dalle mura accademiche e di fargli incontrare un pubblico “vero”. (La proposta è stata poi brillantemente allargata, da Federica Forti, anche ad altri corsi dell’Accademia.)

Quindi il tema scelto per i progetti finali del corso di video installazioni 2011/2012 è stato il marmo. Ovvero mettere in dialogo, in un’opera artistica, l’immaterialità dei pixel video con la concretezza della pietra marmorea, la giovane storia del video con l’antichità del marmo.

Gli studenti, riuniti in piccoli gruppi, hanno fatto le loro ricerche sui diversi argomenti collegati alla storia e alla lavorazione del marmo. Ma anche a come appariva nel cinema o nella letteratura, nella cultura popolare, nella poesia, nel teatro o nella medicina… E’ stato interessante verificare e superare con gli studenti sia conoscenze parziali, o comunque legate al senso comune, sia conoscenze specifiche sulla lavorazione odierna apprese da parenti o conoscenti. Infine è stato molto interessante vedere, nei progetti presentati, la varietà delle interpretazioni artistiche proposte: dal confronto con il classicismo alle problematiche del lavoro odierno, dalla interpretazione psicologica all’installazione didattica. Tra i diversi progetti ne è stato scelto uno da realizzare “riadattandolo” allo spazio del museo: “Il monte” di Alessio Falchi, Asia Gandoglia e Giacomo Ganduglia.

Del progetto è risultato convincente la modalità di presentazione, il tema scelto che “racconta” dell’origine fantastica del marmo e la possibilità di poterlo riadattare agli spazi del museo.

Il Monte

Progetto per “il Monte” di Alessio Falchi, Asia Gandoglia, Giacomo Ganduglia

Si spera che questa possa essere una prima collaborazione che in futuro potrebbe impegnare gli studenti ad elaborare progetti specifici per gli spazi del museo, anche su temi diversi, dove le immagini video possano svelare pensieri ed emozioni celate tra le pietre in esposizione.

Giacomo Verde

Docente Corso video installazioni
Scuola nuove tecnologie per l’arte
Accademia Belle Arti di Carrara

Posted in Show |

Workshop

Sto parlando ai muri

I’m Speaking to the Walls è un breve libro che raccoglie le conferenze tenute da Jaques Lacan presso la clinica Continua a leggere